lunedì 24 marzo 2014

Niente di nuovo: il sistema di riscaldamento a pavimento

Questo post sarà il primo di una -spero lunga- serie. Con "Niente di nuovo" intendo mettervi a conoscenza di tutte le scoperte sugli antichi popoli che, giorno dopo giorno, mi sorprendono per la loro attualità. Con la curiosità quasi patologica che mi distingue, spero di poter trasportare ciascuno di voi in un mondo dimenticato, ma che, in realtà, è il nostro mondo di qualche tempo fa, con tutte le sue luci e le sue ombre.


In una recente gita a Torino, ho ammirato una ricostruzione della pianta della città in epoca romana. Le basi archologiche da cui muoveva questa ricostruzione erano testimoniate da alcune foto: principalmente si trattava di mura antiche, ma una foto in particolare ha catturato la mia attenzione. Il muro, infatti, non aveva l'aspetto che ci si potrebbe aspettare da un muro: era pieno di cavità regolari, separate da un mattone. Ho così scoperto la meraviglia dell'ipocausto. All'epoca i Romani avevano già messo a punto il sistema del riscaldamento a pavimento, originario della Grecia: il nome ipocausto la dice lunga. Tramite un grosso forno, l'aria veniva scaldata e poi immessa in queste cavità, situate proprio sotto il pavimento delle villae. Nel caso delle thermae, visto che si mirava ad ottenere più calore possibile, l'aria bollente veniva fatta passare anche nelle pareti, con il medesimo sistema. Quella che ci sembra una grande innovazione del nostro secolo era già ampiamente utilizzata secoli fa, prima della Tour Eiffel, prima della costruzione di San Pietro e della Cappella Sistina, prima -insomma- della maggior parte delle meraviglie architettoniche che ci fanno sbalordire ancora oggi.
Talvolta tendiamo a dimenticare che prima di noi sono vissute altre persone, altre menti che puntavano a migliorare le proprie condizioni di vita. Vien da chiedersi come abbiamo fatto a dimenticare una rivoluzione tecnologica di questa portata, ma visto che io stessa riesco a dimenticare ciò che ho mangiato a colazione, non trovo impossibile che ci si scordi un concetto di secoli fa. Sarebbe fantastico se i tecnici del nostro tempo "collaborassero" con i tecnici di una volta, traendo dalle opere latine e greche tutti gli insegnamenti ancora utilizzabili, e con la mediazione di un fondamentale punto di contatto: lo storico.




Collegamento alla pagina Wikipedia sull'ipocausto: http://it.wikipedia.org/wiki/Ipocausto

martedì 11 marzo 2014

La solitudine

Ho ripreso a scrivere, con gioia di qualcuno e disperazione di molti. E' stato come se io e la penna non ci fossimo mai lasciati, per cui l'impeto creativo è esploso in una miriade di nuovi possibili post. Ne ho scelto uno profondo per riaprire in bellezza la stagione scrittoria e per far riconciliare molti di noi (si, mi ci metto pure io) con una delle condizioni vitali più belle.

La bellezza dello stare da soli è spesso incompresa.
Un grave problema della nostra società è l'incapacità di stare soli, in ogni senso.
Perchè?
Perchè ciò che ci circonda ci fa credere che stare soli sia sbagliato. Ci balenano in mente immagini di feste enormi, musica trascinante e visi sorridenti: crediamo dunque che in questi contesti si stia meglio. Se proprio è concepito un momento di solitudine nelle nostre vite, la tv ci insegna che debba svolgersi sempre in qualche posto da sogno; un'amaca, le Hawaii e un cocktail, ma poi la sera folla e frenesia sono un must.
Ma non siamo obbligati a stare a queste regole.
La nostra felicità è dentro di noi, nel senso che dipende totalmente dal nostro modo di porci verso il mondo. Se ceniamo soli con una zuppa, perchè dovrebbe essere un momento più triste rispetto ad altri passati in compagnia?
Facciamo fatica a capire di avere in mano un tale potere solo perchè non ci vediamo attraverso uno schermo, inquadrati in soffusi toni rilassanti, con una musica di sottofondo. Purtroppo la realtà ha questo difetto: non ha una colonna sonora o altri effetti, perchè non ne ha bisogno. Sono i nostri sentimenti, i nostri stati d'animo a fare tutto. La vita non aspetta la giusta musica o un bel tramonto. I nostri momenti più belli possono avere qualsiasi sfondo e non per questo ci renderanno meno felici. Allo stesso modo, la bellezza della vita è dentro di noi, è il vero soffio vitale, e se solo non ci lasciassimo condizionare dal numero di persone che affollano la nostra giornata potremmo sentirla scorrere anche nella bellissima, sottovalutata solitudine.

sabato 14 gennaio 2012

Parole, soltanto parole



Come usare le parole per rincoglionire la gente e convincerla che tu abbia ragione?
Innanzitutto, non presentarsi come "Quello che ti fregherà tra 3 secondi... 2... 1...", ma come un "Affabulatore". La gente di solito non sa cosa vuol dire, e anche se lo sapesse ha quel sapore di sbarazzino che non ti darà l'idea di chi impone la sua supremazia intellettuale.
Il passo seguente è cercare delle caratteristiche positive nell'oggetto/ persona/ idea in questione che possano interessare l'interlocutore. Se un adulto non vuole mangiare degli spinaci perchè l'ultima volta che li ha mangiati (a 5 anni) il minuto successivo gli è morto il pesce rosso, ebbene, si può dirgli tranquillamente che apportano dei nutritivi unici che non può ricavare da nessun altro cibo e accellerano il metabolismo. E' vero? Non è vero? Che importa, dal momento che non avrà neppure compreso a fondo le vostre parole, rimanendo rapito dal fiume di tecnicismi?
Con un ragazzino invece la tecnica è diversa: sarà meglio invogliarlo con una storia affascinante, raccontando ad esempio che gli spinaci sono i capelli di una sirena che vive nel Pacifico... (e così via).
Usare parole che suonano bene è altrettanto importante. Anzi, è vitale. Chiaramente a volte non è possibile, ma una cosa come "le paperette apportano importanti sviluppi alle problematiche del bimbo tipico" suona di più che "le paperette cambiano molto la crescita del bambino". E di nuovo, tecnicismi! Parole generiche come "problematiche", che si possono mettere ovunque come l'aceto balsamico. Lanciateli come i coriandoli che tanto cadono sempre bene.
Poi come dimenticare la nostra ospite più gradita, madama Convinzione! Come potete pretendere di suonare credibili se ciancicate per l'ansia o come fa molta gente, invece di dare risposte ponete domande? Molta gente ha la tendenza, quando si esprime, a chiedere conferma agli altri. NO E NO! Chi volete che rimanga abbagliato dalle vostre parole se nemmeno voi siete sicuri? Ce lo vedete Gesù a compiere il miracolo con le parole "Lazzaro, alzati e cammina?"? Quello che dite deve diventare reale appena giunge alle orecchie di chi vi ascolta, e così potrete vendergli i peggio prodotti senza garanzia e già con un piede nella fossa della discarica.
In realtà questa strategia è semplice; così tanto semplice che ce la sorbiamo ogni giorno con il marketing.
Hanno inventato i profumi per la casa con fragranze eleganti. Il termine che frega è proprio questo! Una fragranza può essere elegante? No. Al massimo può richiamare l'idea di eleganza attraverso associazioni, ma considerando che la nobiltà un tempo puzzava di un misto di cipria e schifo (dato che si lavava pochissimo), il concetto cambia di parecchio a seconda di ciascuno di noi. I profumi, è noto, sono molto soggettivi. Ma intanto noi, con l'idea di sembrare delle persone eleganti, ci siamo fatti infinocchiare.
Ecco il bello di saper usare la magia delle parole: capire quando la stanno usando su di te.


[img: Il discorso del re, film del 2011 che dice molto sull'importanza del parlar bene]

sabato 19 novembre 2011

Io sono L'agenda

(ammetto di aver preso il titolo da un'immagine parodica che gira in internet, ma preferisco strappare un sorriso di cui non posso prendermi il merito piuttosto che mettere un titolo brutto e inutile :D)




Sta arrivando Natale! Questo significa una sola cosa: Caccia alle Agende.
Purtroppo le agende sono assolutamente fondamentali alla vita nel pianeta, almeno quanto l'ossigeno e la Nutella. Proprio per questo la gente normale (da cui mi escludo) inizia per tempo questa affannosa ricerca, anche perché ipoteticamente bisognerebbe avere il simpatico blocchetto pronto per l'arrivo del nuovo anno.
In molti hanno già impegni improrogabili a partire dall'uno Gennaio: cose come "riprendersi dalla sbronza", "controllare se il salmone è rimasto commestibile dalla sera prima", ma soprattutto "nascondere le prove dell'esistenza dei fuochi d'artificio, in particolare di quelli che sono atterrati nella veranda del vicino". Per queste preziose informazioni è necessario un contenitore adeguato, mica va bene una qualsiasi agenda! Da qui la necessità di iniziare la caccia già a fine novembre, o rimarranno quelle schifidissime con la copertina distrutta (sicuramente da Edward mani di forbice) e quelle con Hello Kitty che passa l'aspirapolvere.
Anche in una cosa semplice come questa, uomini e donne divergono in maniera eclatante: vedi signore con una sobria agenda in pelle bordeaux, e uomini con un’agenda in finta pelle nera, ragazzine con agendine minuscole e sbrilluccicose dei loro idoli preferiti o dei cuccioli di nutria, e uomini con un’agenda in finta pelle nera, adolescenti che cercano di darsi un tono con agende immense decorate di arabeschi dorati, e uomini con un’agenda in finta pelle nera, universitarie che scelgono un'agenda piccola per non dare la giunta al carico di libri, e uomini con un’agenda in finta pelle nera. Forse si capisce che loro la comprano di malavoglia… Alla domanda maschile "a che ti serve un'agenda con stampato il Bacio di Klimt", è diventato ormai obbligatorio rispondere "a che ti serve cambiare agenda? Non puoi sbianchettare quella dell'anno scorso?" (se si nota una certa insistenza nel discorso, ribattere "guarda che il prezzo della benzina è salito ancora!").
Mi sento però di mettervi in guardia: ci sono in commercio delle agende particolari, probabilmente create da un'altra civiltà, gli Atlantidei, gli Alieni, gli Australopitechi, ancora non è chiaro. Esse hanno la proprietà di diventare invisibili appena inserite in una borsa, e alcune più potenti possono farti dimenticare della loro esistenza. Ciò causa molti danni alla società: a nessuno piace ricordarsi improvvisamente un impegno appena è ormai troppo tardi per andarci, e ancora meno gente ama frugare indecorosamente nella borsa per un quarto d’ora. La soluzione per le agende invisibili è semplice: prenderle grandi e verde evidenziatore. Non saranno bellissime, ma almeno evitano figuracce e si può sempre dire “me l’ha regalata un’amica, non ho potuto rifiutare. Poverina, sa, è daltonica!”. Tuttavia sono mortificata nel dirvi che le agende dimenticanti non possono ancora essere sconfitte, ma sono certa di rassicurarvi con la notizia che i ricercatori Oral-B ci stanno lavorando.

venerdì 21 ottobre 2011

Esperimenti di follia!

Era insolitamente buio quel giorno di Settembre a Perugia, mentre una fastidiosa maledettissima pioggia gli picchiettava addosso. "Lieve come una pioggia d'estate" sta ceppa. Addirittura erano accesi i lampioni, e non erano che le quattro del pomeriggio! Sbuffando tra sè e sè, sperando quasi che i sospiri funzionassero da formula magica meteorologica, iniziò a procedere per la lunga strada verso casa. Ovviamente senza ombrello.

Data l'immensa noia et obscura che lo assillava, iniziò a far vagare la mente nel tentativo di distrarsi. Bello il nuovo mastodontico segnale stradale lungo fottimila chilometri pieno di scritte incomprensibili. Mmm mastodontico. In effetti, leggendo riga dopo riga i vari "divieto di circolazioni ai motocicli e ai cingolati più larghi di due metri virgola 3 soltanto nei giorni dispari dei mesi pari quando c'è bel tempo" veniva spontaneo un 'Ma 'sto dontico!'. Oltretutto dontico non significa "dei denti"? I denti di chi? Dei Masti evidentemente.


Camminò ancora evitando di netto un paio di folli ciclisti masochisti, fantasticando dei Masti, una antica popolazione sudamericana di ricchi sfondi -e per forza, vista l'abbondanza di miniere- a cui sicuramente Voyager aveva dedicato un paio di puntate. Gli antichi Mastici, non avendo un cavolo da fare, avevano ideato un rito che prevedeva l'estrazione dei denti mediante l'antichissimo e sempre verde metodo del Filo-legato-alla-porta, per poi sostituirli tutti con diamanti purissimi che tanto in quella zona venivano giù come quella pioggia di merda.

Di colpo una pubblicità -tette- di intimo -tette- femminile -tette- su un cartellone -tette- distrasse momentaneamente la sua astensione. Attenzione. Ehm, quella. Un momento: tette! Mastoplastica significa plastica delle tette (non plastico tipo quelli di Vespa, grazie a Dio, a Dtu e a Dvoi). Di colpo nella sua mente i Mastici diventarono un popolo con le tette, ma l'immagine fu così spaventosa che andò in buffering e inizò a pensare alle mucche al pascolo. Ci sono sempre di mezzo delle mammelle, ma l'immagine di uomini senuti era ben più orribile. Certo, focalizzando l'immagine del pascolo, gli veniva in mente il lieve olezzo di sterco delle passeggiate alpine, e suo padre che ogni mezzo secondo gridava "Attentoallacacca!", espressione diventata nel corso della vacanza "Ntolacà!". Peccato che al suo ritorno avesse cercato di avvertire un muratore perugino da un bombardamento di piccioni con lo stesso termine. Il poverino non si potè difendere per tempo, visto che aveva capito "Ntonacalà!".

Arrivato a più di metà strada, una goccia di pioggia grande come un melone piombò da una grondaia dritta dritta sul suo collo, e giù per la schiena. Imprecando in turco ottomano, decise di alzare il bavero della giacca. Il colletto. Il bavero. Beh, lui era un vero uomo duro, quindi alzava il bavero della giacca. Che era quella roba da femminucce, "il colletto", come "il polsino", diminutivi inutili. Lui veniva dal Far West e aveva conosciuto tempi duri, e logicamente (visto che c'era) aveva vissuto esattamente dove e quando appariva la DeLorean; sennò ciupa, poteva anche starsene a casa! Ehhh, erano tempi duri quelli, quando passavi per strada e chiunque poteva stenderti con un gancio. Uno stronzo, quel Chiunque.
Ovviamente non potevi nemmeno andare in giro col codino come lo portava lui (anche se al momento era zuppo di pioggia), sennò correvi ben due rischi: che lo usassero come corda da traino se davi troppo fastidio alla banda di banditi locale, e che ti prendessero per una femminuccia. Di conseguenza, se ti ridevano dietro come femminuccia, non eri degno di esser preso per il bavero quando ti menavano, bensì per il colletto.

Annuì, fiero di se. Era tutto fottutamente chiaro. Ma siccome non era veramente nel vecchio West non si sarebbe mai tagliato il suo storico codino! Mai! Tutt'al più poteva evitare di girare con lo zaino di sua sorella, tutto rosa con le libellule e le Winx. Ehm. Ma ovviamente non ci stava girando, certo che no. Era una pura ipotesi. SE ci avesse dovuto girare, ecco. E non utilizzava nemmeno l'astuccio con le matite di Sailor Moon.


...ma che cacchio. Forse era per questo che non gli andava dietro neanche il mostro di Loch Ness. Per quanto ci sarebbero stati notevoli problemi di relazione con Nessie; ma magari avrebbe funzionato, come per Ciuchino e la Draghessa. La loro era una bella storia in fondo. Fanculo! Avrebbe fatto meglio a darsi al bricolage. No, anche quello poteva suonare ambiguo. "Che hobby hai?". "Faccio bricolage". Bricolage richiamava la Francia, uomini in aderenti magliettine a righe bianche e blu, con la baguette sotto braccio e il naso all'insù. Poco virile. E di certo lui non richiamava la classica immagine del figone degli spot dei profumi francesi (quelli in cui il nome era uno scatarramento che finiva con "òm").
Tutto ciò non era d'aiuto. Si sarebbe dato all'ippica, ecco. Immagini di vichinghi a cavallo, duri e puri. Odore di lande incontaminate e legge del più forte (che nel suo immaginario indubbiamente era lui).


Con la coda dell'occhio vide passare una bella ragazza sotto la pioggia. C'erano solo loro. Avrebbe potuto abbordarla. Avrebbe potuto avvicinarsi. Avrebbe potuto attaccare bottone, e poi lei gli avrebbe detto...
"Che hobby hai?". "Cavalco, ti va di provare?". Ecco, ma anche no.

domenica 15 maggio 2011

Scende la pioggia, ma che fa?

Eh. Che fa? Lei, poverina, segue il suo ciclo naturale. Cerca di tornare alla sua bella falda acquifera, scorrendo placidamente sotto metri di calda terra, ignara delle umane vicende.
Da noi si scatena l’inferno.
Gente che smadonna e bestemmia (mi dispiace ma non siamo un popolo elegante) per delle gocce d’acqua: dal punto di vista degli eventi naturali, di questa ruota della vita che va avanti da milioni di anni con la stessa lena, sembriamo povere formichette tonte che si agitano per motivi incongrui. A dire il vero, le formiche ne avrebbero ben donde visto che una goccia sola durante un bel temporale ne spazza via quattro o cinque; noi invece, persistenti, tignosi, rimaniamo vivi e sbraitiamo come oranghi.
Gli isterici temporaleschi sono raggruppabili in categorie molto semplici da delineare. Potete provare anche voi a pensarci un attimo: non è affatto difficile.
Gli Automobilisti generalmente si fermano. Perché? Boh. Io, nonostante patentata, non l’ho mai capito. Passi se la visibilità è poca: c’è sempre caso di tirar sotto un animale o un pedone con un cappotto scuro a motivo di gocce di pioggia. Passi anche se la strada è bloccata dall’acqua; certo la furbizia non è molta, se di mille strade ti sei scelto quella di campagna, infossata e senza tombini per 10Km. Ma nel normale traffico cittadino, perché ti fermi? Esorto tutti a mantenere la distanza di sicurezza, visto che dovrebbe essere conoscenza comune che se becchi una pozza con la ruota plani come un concorde per metri e metri, rischiando tutto il rischiabile. Tuttavia non è necessario rimanere fermi al semaforo fino al rosso successivo solo perché, in mezzo all’incrocio, c’è una minuscola pozza dove non annegherebbe nemmeno un batterio.
Le Donne –e lo sappiamo bene- hanno generalmente una paura dannata di passare da Marylin Monroe, fresche di parrucchiere e con due occhioni mascarati e rimmellati, al mostro di Scream con il trucco di un panda depresso. Ciò le porta a correre con la colonna sonora di Rocky in sottofondo dal negozio alla macchina, ma in fondo questo aumenta solo esponenzialmente le possibilità di un bagno di fanghi fuori programma.
Gli Impiegati sono i più divertenti. Mi riferisco a tutti quei lavoratori che si presentano di bell’aspetto, elegantoni, con l’immancabile borsa di cuoio marrone con la fibbia –che andava di moda il secolo scorso, ma ora è vintage quindi la riutilizzano. Colti di sorpresa, essi si proteggono con la cartella perdendo tutto il loro appeal e correndo e sbuffando come se ne andasse della loro vita, fino al raggiungimento di un negozio qualsiasi. Nella migliore delle ipotesi, i clienti dalla vetrina li avranno seguiti nella loro improvvisa perdita di charme, notando l’apparizione dell’anello mancante darwiniano; l’Impiegato a questo punto cercherà di scuotersi le gocce di pioggia dalla giacca, ignorando il fatto che farebbe prima a bagnare ciò che è rimasto asciutto piuttosto che il contrario, e compiendo l’esilarante gesto di passare la mano sull’orlo della giacca come a scuoterne via un paio di bruscolini.
Ci sono poi quelli che non hanno fretta. Con tutta la calma di questo mondo, coscienti che tanto bagnare ci si bagna, si rifugiano sotto la prima tettoia a portata di gambe e iniziano con somma gioia a osservare la futilità dei comportamenti altrui, commentando l’evento insolito. Non fatevi trovare impreparati! Di solito si esordisce con “Era dal ’56 che non vedevo una pioggia così”. (passaggio di una Donna con tacco 10 che a momenti caracolla giù per il marciapiedi) “Sarà ottima per i campi”. (inchiodata di un Automobilista che a fari spenti non aveva visto un gatto) “Ma dice che ci sarà siccità”. (salto della corrente in tutta la zona: buio completo, automobilisti in panico) “Se è vero, l’olio verrà mica buono”. (discesa di un disco alieno e sterminio della razza umana) “Speriamo che almeno venga buono il vino. Bof, io vado che la moglie attende. Ci si vede alla prossima perturbazione”.

mercoledì 20 aprile 2011

A coffee, please. (o Del Grande Tradimento)


Il caffè viene dall'America, ma -diciamolo senza troppa modestia- quello buono lo facciamo qui in Italia. Quel profumo intenso che riempe intere case all'ora di colazione e dopo pranzo, quella bevanda d'ebano che stuzzica il palato col suo sapore forte e sempre soddisfacente; a dirla tutta saremmo capaci di berne a litri.
Purtroppo non tutti sanno farlo: c'è chi schiaccia la miscela nella moka come se ne andasse della sua vita, chi compra una marca scadente per mancanza di soldi decretando la propria condanna a bere una schifezza per le settimane seguenti, chi acquista una macchinetta apposita -il che non è un male di per se, ma se ne prendete una con cialde che si rompono o semplicemente imbevibili sono fatti vostri.
Ma tutto questo non ci abbatte, noi cavalieri dell'espresso! Si cambia bar, ci si ingegna, ma il modo di bersi un buon caffè si trova.
Peccato che per il resto del mondo non sia così.
Sapete a cosa mi riferisco, non fate i finti tonti. Basta andare di poco fuori dai nostri confini per trovare delle brodaglie imbevibili che fondamentalmente non sono caffè. A volte il buon italiano perdona, in fondo non tutti sono in grado, magari in qualche alberghetto francese non è mai arrivato nessuno ad insegnare l'Arte del caffè, unica e sola. A volte invece una inconsueta rabbia si impossessa di noi, specialmente quando si capita in grandi catene di bar-ristorante-pizzeria sparse in tutto il mondo in cui il caffè si serve in una tazza che pare uno shaker di plastica e ti ustiona le dita, caspita se ustiona! Ma no, l'impatto iniziale non è il migliore ma l'italiano è pronto a perdonare tutto con un assaggio della bevanda, dopotutto la tazzina non fa il monaco. Perbacco, è una catena che si occupa di cibarie a livello internazionale, vuoi mica che dia un'idea sbagliata della sacra bevanda? Impensabile!
Il buon turista italiano appropinqua le labbra al bicchierone e sugge una goccia del liquido: goccia che sarà sufficiente a strinargli completamente le papille gustative, lasciando in bocca un gusto di acqua calda mischiata a chicchi di caffè pestati (a sangue) in parti 9 a una. Tradito nell'animo, ecco come si sente un italiano in un bar straniero, mentre giura vendetta di fronte alla bustina di zucchero per il torto subito.
Servirà molto tempo prima che, timoroso, avvicini un cosiddetto "espresso" che in alcuni bar viene servito. Ancora scosso dall'esperienza, il nostro conterraneo tirerà un sospiro di sollievo nel vedersi arrivare una bevanda della grandezza giusta. Forse però la troppa foga di assaporare un buon caffè lo trarranno in inganno, portandolo a bere di getto senza valutare il colore più grigiognolo che marrone del liquido. Ahimè, nuovamente ferito, l'italiano sputacchia i resti di un caffè mal tostato e affogato in due dita d'acqua come un gatto una palla di pelo e, nonostante l'indicibile bisogno di quel sapore amaro e fortificante, si reca diretto dal barista ad ordinare un thè.